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Commissione anti-mafia a Bari, Decaro: «Pronto a rinunciare alla scorta»

Il sindaco ha elencato in conferenza tutto quanto fatto in dieci anni contro la mafia, duro l'attacco ai parlamentari di centrodestra

«Ieri ho ricevuto una telefonata dal ministro Piantedosi mentre ero in macchina con la scorta. Sono sotto scorta da nove anni. Se c'è solo l'anticamera di un sospetto sull'amministrazione comunale di Bari, sul consiglio comunale di Bari e sul sottoscritto, allora io rinuncio alla scorta».

Ha iniziato così la conferenza stampa di questa mattina il sindaco Antonio Decaro, che ha voluto mostrare alla città tutto quanto fatto in questi dieci anni contro i clan che insistono sul territorio di Bari e provincia, spiegando anche cose che non sempre sono state esposte alla luce del sole.

«Non posso essere considerato nello stesso tempo un sindaco antimafia e contemporaneamente il ministero dell'Interno mandare una commissione per verificare se ci sono le condizioni per lo scioglimento del Comune. Toglietemi la scorta, torno a vivere. Forse avrò qualche problema ma non fa niente», ha aggiunto il sindaco.

Nel ricordare, tra gli altri episodi, la questione fornacelle sul lungomare di Bari per San Nicola, messe tutte in regola con corsi e licenze, ma anche la battaglia contro i Sedicina e la loro "festa" per la Candelora che altro non era che una manifestazione di forza e di poter sul quartiere Libertà, o le minacce avute per i mercati come quello di corso Mazzini e della ex Manifattura (che il sindaco ha detto essere meglio sporco e non poca manutenzione che in mano alla mafia) fino alle spiagge di Pane e Pomodoro e Torre Quetta tolte alla criminalità ma per cui ci sono ancora in corso delle causa, Decaro ha voluto sottolineare quanto la città e i suoi cittadini per bene siano prioritari e soprattutto di più rispetto ai criminali.

«Come uomo delle istituzioni aspetterò con serenità la commissione - ha aggiunto Decaro -, gli daremo tutto il supporto, l'assistenza e la documentazione di cui avranno bisogno. A Bari ci sono 14 clan ma c'è anche una città che non piega la testa, che non si gira dall'altro lato, che resiste alla criminalità, che tiene la testa alta con dignità, dobbiamo essere orgogliosi dei baresi per bene che sono molti, molti di più dei criminali».

Per quanto riguarda uno dei motivi principali del contendere, ovvero la questione Amtab, il primo cittadino ha voluto ricordare: «Appena arrivato c'era già un'inchiesta, ho io detto al presidente che doveva dimettersi e ha nominato presidente Nicola Marzulli, l'ex comandante della polizia locale, a cui ho detto di mettere a posto le cose che non si capiva più niente. Mentre in Multiservizi, dove ho trovato Olivieri, quando ho capito che stava succedendo l'ho cacciato e ho nominato presidente Biga, commissario prefettizio dell'Amiu a Ruvo e di una banca, non lo avevo mai visto, ancora oggi ci diamo del lei, in ufficio non saluta nessuno, lo chiamano Robocop, ha messo a posto le cose».

«Sto ricevendo testimonianze d'affetto da tutta Italia - ha concluso -, ma non ho voluto nessuno vicino a me, perché credo di avere il dovere di difendere la mia città, me stesso e la mia dignità. Ho servito dieci anni con disciplina e onore la mia città, non ho mai piegato la testa, l'ho fatto senza paura. Sono sempre stato rispettoso delle istituzioni da sindaco e da presidente Anci, ho ascoltato tutti anche quelli che mi maltrattano o mi attaccano, hanno fatto male i conti quello che state facendo alla città vi si ritorcerà contro, i baresi non perdonano chi li tradisce. Non ho avuto paura dei boss, figuratevi se devo avere paura dei parlamentari».
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