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Cronaca

Corato, la "zona rossa" non frena il crimine

Un mese di vigilanza intensiva, ma spaccio e microcriminalità resistono

Il programma di istituzione di una "zona rossa" nel cuore di Corato, avviato con enfasi a fine settembre per contrastare in maniera decisa il preoccupante aumento di episodi di microcriminalità e spaccio di sostanze stupefacenti, sembra non aver prodotto i risultati sperati.
Ad un mese dall'inizio della misura, che prevedeva un massiccio dispiegamento di forze dell'ordine e controlli serrati nelle aree considerate più a rischio, la percezione di sicurezza tra i cittadini è rimasta bassa, se non addirittura peggiorata a seguito di episodi recenti di cronaca, anche di notevole gravità.
L'iniziativa era stata accolta con cauto ottimismo dai residenti e dai commercianti, stanchi di convivere con una crescente sensazione di insicurezza, specialmente nelle ore serali.
L'obiettivo primario era la deterrenza immediata e lo smantellamento delle reti di spaccio che, secondo le denunce, avevano trovato terreno fertile in alcune piazze e vie nevralgiche della città.
Il bilancio, però, è desolante. Nonostante un aumento visibile della presenza di pattuglie e un incremento dei controlli su persone e veicoli, le segnalazioni di furti, rapine minori e, soprattutto, l'attività di spaccio non si sono interrotte.
Ciò che è più allarmante sono i recenti episodi di violenza che testimoniano una recrudescenza della criminalità, sfidando apertamente la presenza rafforzata delle istituzioni.

La sola repressione, senza un parallelo intervento sui fattori sociali che alimentano la criminalità (disoccupazione, dispersione scolastica, degrado urbano), è considerata una soluzione a breve termine e superficiale. Molte voci critiche sostengono che la zona rossa avrebbe dovuto essere accompagnata da progetti di inclusione sociale e riqualificazione urbana per attaccare le radici del disagio.

La microcriminalità e lo spaccio, pur essendo fenomeni locali, dimostrano spesso una capacità di rapido adattamento e organizzazione.
L'uso di vedette, codici comunicativi discreti e la conoscenza approfondita delle vie di fuga locali permettono ai gruppi di eludere la sorveglianza fissa.

La cittadinanza chiede ora una revisione della strategia.
È necessario un cambio di passo che vada oltre la mera presenza fisica e si concentri su indagini più mirate, l'uso di tecnologie di sorveglianza integrate e, soprattutto, un coordinamento più efficace tra le diverse forze di polizia e l'autorità giudiziaria.
La zona rossa, se non supportata da un piano a lungo termine e da misure sociali, rischia di diventare solo un costo per la collettività e un simbolo di una battaglia ancora lontana dall'essere vinta.
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