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"Quadri sonori" al MarTa di Taranto. Presente Achille Lauro

Prosegue il progetto di costruzione del primo percorso di turismo musicale innovativo

Sono state le Veneri di Parabita (SALA II – vetrina 7A, 1.1/2), statuine in osso rappresentanti figure femminili e conservate al secondo piano del Museo Archeologico Nazionale MArTa, a ispirare Achille Lauro per la composizione del secondo Quadro Sonoro dedicato al Museo tarantino. Si tratta del secondo Quadro Sonoro del MArTA dopo quello realizzato dal premio Oscar Dario Marianelli.

Prosegue il progetto di costruzione del primo percorso di turismo musicale innovativo, un esperimento di marketing territoriale nuovo e dinamico che porterà la Città di Taranto ad essere un unicum nel panorama internazionale quando nel 2026 – in occasione dei Giochi del Mediterraneo – sarà completato il percorso con l'attivazione di tutti e 15 i Quadri Sonori.

Con il lavoro di Achille Lauro si registra, dunque, il quarto Quadro Sonoro, ovvero il secondo ispirato e inserito nel MArTa. "È un progetto di estrema rilevanza culturale" aveva dichiarato Lauro ad Artribune in occasione della sua residenza artistica e, riferendosi al Maestro Piero Romano e all'Orchestra, sottolineava il valore di poter "sperimentare qualcosa di nuovo".

Sabato pomeriggio l'artista eseguirà il suo brano ispirato alle Veneri di Parabita accompagnato da 30 maestri dell'Orchestra ICO della Magna Grecia diretti dal Maestro Piero Romano. Al termine dell'esecuzione di sabato 17 dicembre, è previsto un incontro con la stampa al quale prenderanno parte Achille Lauro, il Direttore Artistico dell'Orchestra della Magna Grecia ed ideatore del progetto Quadri Sonori Piero Romano, la Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Taranto Eva Degl'Innocenti, e l'Assessore alla Cultura del Comune di Taranto Fabiano Marti.

Le "Veneri di Parabita", risalenti al Paleolitico Superiore, a 20.000 anni fa circa, sono state rinvenute nel 1966 a Parabita (in provincia di Lecce), in una grotta scoperta l'anno precedente da Giovanni Piscopo e che da esse avrebbe poi preso il nome ("Grotta delle Veneri"). Tali statuine femminili, realizzate in osso, che rappresentano donne caratterizzate da una particolare enfasi degli attributi sessuali, potrebbero aver svolto, a seconda dei contesti di rinvenimento e utilizzo, ruoli diversificati. Se l'aspetto simbolico o rituale connesso alla loro iconografia resta enigmatico, l'idea però che siano da mettere in relazione a un culto della fertilità appare quella più probabile e maggiormente plausibile.
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